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Lucia Lo Bianco - Palermo

Non le avevano neanche chiesto se volesse partire per la gita. Se ne stavano lì a litigare su quale albergo scegliere e come sistemarsi nelle camere e lei aveva atteso la fine di quell’assemblea di classe anticipandone tristemente la conclusione: lei non sarebbe andata. Non c’erano le premesse! Nelle sue condizioni prendere l’aereo senza un genitore che l’accompagnasse era impensabile. Nessuno l’aveva minimamente pensata o considerata e sì che si conoscevano da tre anni ormai e le erano sempre stati tutti vicino aiutandola a sistemarsi nel suo banco speciale o prendendole i libri dallo zaino appeso dietro le sue spalle dato che non riusciva a girarsi.

Lidia era disabile. Era cominciato verso i dieci anni.  Le sue gambe si erano indebolite e non la reggevano più. Debolezza muscolare e spossatezza. Diagnosi di distrofia muscolare. Alla fine la sedia a rotelle era diventata la sua fedele compagna. Doveva intervenire.

“Scusate. Posso? Ehi!” Doveva gridare per fare sentire la sua voce. Si voltarono. “Come faccio a partire se andiamo in aereo? Non sarebbe meglio andare in nave fino a Napoli e poi raggiungere Roma in pullman?”

“Ma Lidia, dai! Sarebbe un viaggio massacrante! In aereo arriviamo prima e ci resta più tempo per girare!” Angela, la rappresentante di classe non era mai stata a Roma.

“Ma scusa, Lidia! Parti sempre in aereo con i tuoi d’estate.” Annalisa la scrutò con gli occhi stretti. “Perché ora no?”

“Hai detto bene, con i miei.” Aveva dei genitori stupendi. La seguivano in modo fantastico. Ma aveva sedici anni e voleva partire sola con i compagni. Avere suo padre al seguito non la entusiasmava affatto. Annalisa non demordeva. 

“Potrebbe venire tuo padre, come due anni fa. Se non mi sbaglio lui sa come piegare e ripiegare la sedia, no?”

“Ma ti pare che se vado in gita coi miei compagni devo sopportarmi mio padre al seguito? E che razza di gita è?” Capì che stava gridando. La guardavano tra curiosità e stupore. In quegli anni di disabilità aveva imparato ad alzare il tono per difendersi. “A te piacerebbe andare in viaggio d’istruzione con tuo padre o tua madre?”

“No, ovvio, ma per me è diverso.” Si fermò in tempo e si morse il labbro come pentita per essersi lasciata scappare quella frase. Lidia non si lasciò sfuggire quel momento di debolezza.

“Diverso? Mi sai spiegare perché?” Non aveva intenzione di mollare. La porta si spalancò improvvisamente come spinta dal vento. La prof. di filo, Elisa Tropeano, entrava sempre così. 

“Ragazzi ma …l’assemblea?”

“La stiamo facendo, prof.”

“Sì ma non avete ancora deciso niente ed io devo portare questi fogli compilati con i numeri esatti al Preside.” Agitò alcune carte. Angela gliele tolse delicatamente.

“Mi faccia vedere, se vuole li compiliamo adesso.”

“Sì ma dovete scaricare la tabella formato Excel ed io non so come si fa.”

“Se è per questo neanch’io, prof.”

“E tu Annalisa?” La faccia allungata come di chi vorrebbe esprimere un bel: “Boh” fu risposta abbastanza eloquente.

“Prof. io Excel lo conosco bene.” Lidia proprio non si trattenne. Aveva conoscenze informatiche di gran lunga superiori a quei presuntuosi dei suoi compagni. La chiamavano spesso in aiuto. “Ci penso io.” Una spinta veloce alle ruote e in un attimo si trovò di fronte al computer collegato alla lavagna interattiva. Le dita scorrevano veloci sulla tastiera mentre trasformava il documento della prof. Tropeano in una tabella con tutti i nomi dei compagni che avevano dato la propria adesione al viaggio di istruzione. Tra le tre mete proposte le preferenze si erano indirizzate per Roma.

“Prof. cosa faccio? Creo tre tabelle distinte? Intendo dire tra preferenze, adesioni effettive e studenti paganti? Così le viene più facile seguire tutto.” A Lidia piaceva sentire il suono della propria voce quando spiegava i programmi che aveva imparato a maneggiare sin da piccola. Era davvero forte nella gestione dei fogli elettronici, proprio dove i suoi compagni incontravano maggiori difficoltà. In poco tempo il file fu completato. “Pronto. Prof.!” Elisa Tropeano le si avvicinò con un sorrisetto sarcastico.

“Mi sembra vada bene. Ben fatto! Voi cosa ne dite ragazzi?” La classe lanciò gridolini d’approvazione a intermittenza. “Come potremmo fare a meno di te, Lidia? Sei un genio del computer!” Lidia gongolava di fronte a tutti con una faccia che aveva i colori di una certa compiaciuta perfidia.

“Prof. non si può fare proprio niente per partire in nave? Per me sarebbe molto meglio. Altrimenti sono proprio costretta a rinunciare.” La prof. si fermò sulla soglia, si voltò e lanciò un’occhiata al resto della classe.

“Ne parlo con il Preside. Sicuramente troveremo il modo di venirti incontro. Continuate l’assemblea.”

**********

Testa affondata nel cuscino, occhi fissi sul soffitto: quella sera proprio non riusciva a prendere sonno. Gli eventi della giornata si erano accumulati al punto da impossessarsi di tutti i suoi pensieri lasciando poco spazio per qualsiasi altra preoccupazione. L’idea che per la prima volta sarebbe partita in gita scolastica senza i suoi la elettrizzava facendola sentire più adulta, senza dover dipendere dalle sia pur affettuose coccole di cui la mamma la circondava. Ma con chi avrebbe dormito? Non ne avevano più parlato. Dopo l’assemblea era entrata la prof. di italiano e aveva cominciato subito a spiegare. Non aveva seguito per niente la lezione persa com’era a disegnare cosa sarebbe successo di lì a un mese.

Un morbido cono di luce penetrò dalla finestra alzata lasciando intravedere un limpido cielo stellato così insolito per il mese di febbraio. Strano come un semplice filo di stelle all’orizzonte rendesse tutto normale alla vista e Lidia pensò di come l’universo intero si reggesse su principi di uguaglianza. Basterebbe guardare in su per appropriarsi di una danza cosmica dove astri, pianeti ed ogni singola componente fanno regolarmente la loro parte, senza soprusi o volontà di dominio. La delicata armonia del cielo avvolge le anime dormienti che trovano finalmente pace raccogliendo quel che resta loro del trambusto del giorno. Mentre le palpebre le si chiudevano lentamente, mescolando la luce con il buio della notte, vide se stessa come una piccola stella ribelle decisa a non perdere la direzione e continuare a oltranza il cammino insieme alle sorelle.